Incolpare altri di un proprio insuccesso

Sei colpevole! Bei tempi quando c’era la Santa Inquisizione!

Che tu sia vittima o carnefice, c’è sempre un colpevole per tutto. C’è sempre un responsabile per un mio insuccesso.

Esistono veri artisti del confutare la realtà e giustificare il proprio operato affermando: “la responsabilità non è mia”.

I colleghi? Che incompetenti. La concorrenza? Sleale. La Compagnia? Assente. I clienti? Ma daiiii. Le tariffe? Fuori mercato. (a tal proposito clicca qui)

Il vittimismo

Se non raggiungi un obiettivo, un risultato che ti eri posto e scarichi le colpe sugli altri, stai assumendo un atteggiamento da vittima. Per evitare di poter essere a tua volta vittima di qualcuno che vuole scaricare le colpe su di te, uno dei primi accorgimenti è:

fare tutto ciò che è nelle tue massime possibilità affinché il compito sia portato a termine nel modo migliore. Se il risultato atteso non arriva, chiediti il perché, cosa hai fatto, come lo hai fatto e in che contesto eri. Non dire che la colpa è di qualcun altro o di qualcosa, è inutile. Non ti porta a nessun miglioramento per la prossima storia.

Chi ha la tendenza a scaricare la colpa sugli altri deve imparare ad ammettere gli sbagli. Prima riesce in questa impresa e prima potrà migliorare.

Chi dice di non aver mai fallito …. è un bugiardo

Conosci qualcuno che non ha mai sbagliato? Conosci qualcuno che, almeno una volta nella vita, non ha raggiunto gli obiettivi? Conosci qualcuno che non abbia mai detto una fesseria? Io non ne conosco. Ho, invece, molte amicizie nella categoria opposta: quelli che falliscono, sbagliano, e mi pregio di far parte del gruppo. Io sono consapevole dei miei errori, delle stupidaggini che faccio o che dico, dei miei fallimenti, ma non mi considero un malvagio, un incompetente, un idiota o uno sfigato. Sicuramente sono state più le volte che non ho raggiunto ciò che mi aspettavo rispetto alle volte nelle quali sono riuscito.

Le persone colpevoliste direbbero: “la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo“. Esempio tipico di chi usa gli alibi a sproposito.

Ho sempre considerato i fallimenti come un occasione per imparare, se vengono usati in modo costruttivo.

ATTENZIONE: gli alibi

Il “non è colpa mia” diventa un mezzo per lasciare intatta l’autostima, ma ti preclude la possibilità di analizzare l’accaduto per migliorare in futuro. Ritengo che la vita, almeno la mia, sia un’alternanza fra vittorie e sconfitte e che si può fallire un obiettivo senza necessariamente diventare un perdente.

Non giustificarsi ti mette nella condizione di affrontare l’insuccesso al riparo da quella cultura dell’alibi che rappresenta il più grosso ostacolo al miglioramento delle tue prestazioni.

Fallire per crescere con Responsabilità e Comunicazione

Responsabilità

  • La variabile chiave che media l’efficacia della cooperazione è il senso di responsabilità personale verso gli altri membri del gruppo per raggiungere gli obiettivi dello stesso. Essa implica:
    • portare a termine i propri compiti;
    • facilitare il lavoro degli altri e sostenere i loro sforzi.

Comunicazione

  • Il fulcro è comunicare un cambio di mentalità.
    • Ti capita di dire “no, non gliel’ho detto, ma gliel’ho fatto capire”? Oppure “non te lo devo dire io, ci devi arrivare da solo”? Ecco, il “fare capire” è il modo tipico di comunicare quando non ti assumi la responsabilità di ciò che pensi o fai o fai fare.

“Fare capire o devono arrivarci da soli” è tipico dei colpevolisti a tutti i costi. E’ una forma egoistica, egocentrica ed autocentrante perché presume che tutto giri intorno a te (come Ennio Doris). Essere responsabili, non appellarsi agli alibi o giustificazioni di varia e discutibile natura, significa vivere e lavorare percependosi come come parte attiva e non passiva delle situazioni.

Un certo John Whitmore nel suo libro “Coaching” scrive:

La responsabilità è fondamentale per una performance elevata. Quando accettiamo realmente, scegliamo o ci assumiamo la responsabilità dei nostri pensieri e delle nostre azioni, aumenta l’impegno che profondiamo e di conseguenza aumenta anche la nostra performance.” (p. 66)

Grazie di essere arrivato fin qui. Se ti è piaciuto, condividilo. Se non ti è piaciuto, condividilo ugualmente in modo che anche altri possano perdere lo stesso tempo che hai perso tu

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *